Potrei raccontarvi di Tim, che tiene corsi di disegno per bambini. Di Susi che insegna pilates e devolve i proventi a un orfanotrofio. Di Cynthia e Federica, maestre della decorazione in pasta di zucchero, che Buddy Valastro levate. Della sorridente Marta che, in Congo, è diventata insegnante a tutti gli effetti. E della russa Sveta che insegnante lo era già ma, in primis, era (è) una cantante lirica ed è riuscita a portare avanti entrambe le attività anche nel cuore dell’Africa nera. E quando senti un soprano cantare Kalinka live in Congo, allora puoi dire di averle sentite veramente di ogni.
Poi ci sono le vostre storie. Quelle di Francesca e Marilena, lontane dal nostro Paese per affermare la loro professionalità. Quella di Wanda, che ha preso una seconda laurea mentre era, al tempo stesso, impegnata in altri progetti lavorativi. Quella dell’energia di Simona che insegna italiano all’estero, dell’intraprendenza di Eleonora, sommelier a Dubai, o dell’inventiva di Roberto, che ha aperto la sua attività a Ibiza.
Le nostre storie invece, quelle le conoscete già.
Credo sia proprio questo uno degli aspetti che più amo dell’espatrio. Mi piace vedere come le persone si ricreano, si ricostruiscono. Come portano avanti il loro essere nonostante tutto o come, con lo stesso coraggio e determinazione, siano in grado cancellare il loro passato (spesso non soltanto lavorativo) con un colpo di spugna e ricominciare da zero. Come riescono a ritagliarsi i propri spazi, di qualunque natura essi siano: perché è questo il comune denominatore di ciascuna storia, il (ri)affermarsi.
C’è chi ha perseveranza, dinamicità o fantasia da vendere. Chi ha semplicemente voglia di fare. Chi ha un talento e vuole metterlo a disposizione degli altri. E la cosa bella è che non c’è nessun pulsante con la X a sbatterti fuori, nessun Simon Cowell a giudicarti.
Al massimo c’è l’acida di turno che, spesso senza nemmeno conoscerti, ti infila un sarcastico ‘la solita esterofila, l’Italia non andava bene, eh?’ oppure un ‘ma che vita è quella della moglie al seguito?’. O ancora, una che al mattino si sveglia male e…
No, forse l’Italia per certi versi non andava bene.
Sì, tante di noi sono mogli al seguito, ma ciò non significa che non abbiamo una nostra indipendenza o, per lo meno, un ruolo ben definito, solo perché è il marito a tenere i cordoni della borsa. Anzi: spesso è proprio questa condizione di ‘dipendenza’ a renderci paradossalmente più indipendenti. Perché ci spinge a cercare nuovi modi di realizzarci, a fissarci nuovi obiettivi, a imparare una nuova lingua, a cominciare una nuova attività. Insomma a fare qualcosa di nuovo, e di nostro.
E, in quanto a me, no, non avevo bisogno di venire in Africa per scoprire la vita. Vivevo bene anche prima ma, sicuramente, dovevo venire qui per rendermi conto di tante cose che, di certo, vanno al di là di quanto elencato in post leggeri come quelli sulle buone e cattive abitudini acquisite negli ultimi 4 anni.
E ora lo chiediamo a te che leggi: qual è il tuo talento? Come ti sei reinventata all’estero?
Se hai una bella storia da raccontarci, se hai avviato un’attività o trasformato la tua passione in qualcosa di più di un semplice hobby, o se sei diventata un punto di riferimento per la tua comunità – italiana o internazionale che sia – perché ‘sei quella che… [completa tu la frase]’, allora contattaci!
Manda una mail ad amichedifuso (chiocciola) gmail.com e la tua storia potremmo raccontarla qui sul nostro sito.
Ti aspettiamo!
Cristina, Angola
Cristina ha collaborato con Amiche di Fuso da marzo 2016 a novembre 2019
Potete leggere Cristina qui